Hai mai avuto il piacere di mangiare un bel mazzo di arrosticini? Sicuramente ne avrai sentito parlare perché si tratta di una pietanza molto conosciuta in tutto il Paese.
Hai mai avuto il piacere di mangiare un bel mazzo di arrosticini? Sicuramente ne avrai sentito parlare perché si tratta di una pietanza molto conosciuta in tutto il Paese. La storia degli arrosticini è caratterizzata da tradizioni pastorali molto antiche e, come tutti i piatti tipici italiani, sono in parecchi a reclamarne la paternità. Oggi la produzione arrosticini di pecora è tutelata perché inserita nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani a cura del Ministero delle Politiche Agricole, alimentari e forestali e sono il più grande vanto della regione Abruzzo.
Un pasto “povero” e anti-spreco
Il nome dialettale degli arrosticini è “rustell” o “rustelle” a seconda della zona della regione in cui li puoi mangiare. Sono semplicissimi spiedini di carne di castrato proveniente dall’Appennino e sono legati alla storia pastorale della regione e al consumo di carne ovina. Sono diffusi in tutta la regione, specialmente a partire dal secondo dopoguerra in poi.
La loro origine è piuttosto contesa perché si narra che furono cucinati per la prima volta nella Piana di Voltigno a Villa Celiera, nel confine tra tre delle quattro province abruzzesi: L’Aquila, Teramo e Pescara. È proprio questo dettaglio ad aver “scatenato” nel tempo un incessante reclamo sulle origini da parte delle tre città, anche se tutto si riconduce a triviali battute locali tipiche di tutto il nostro Paese, dove il cibo è spesso una questione “molto seria”.
La transumanza
Ciò che è certo è che gli arrosticini sono il risultato delle tradizioni culinarie pastorizie del passato, quando si verificava la cosiddetta “transumanza”, ovvero il pascolo itinerante che iniziava in Abruzzo e terminava in Puglia. Ancora oggi quando qualcuno è distratto o sovrappensiero gli anziani sono soliti richiamarne l’attenzione con un “stai pensando alle pecore in Puglia?”, una domanda retorica che riporta alla memoria la pastorizia tradizionale di un tempo.
Dalle origini ad oggi
Leggenda narra che l’invenzione degli arrosticini proverrebbe da due pastori del Voltigno intenti a tagliuzzare la carne di pecora vecchia in piccoli pezzettini per non sprecarla e a infilzarla in spiedini di legno di “vingh” una pianta tipica del Pescarese. Questi spiedini furono cotti alla brace e provengono dall’intento di rendere apprezzabili e gustosi anche i tagli di carne meno nobili.
Tuttavia l’invenzione riscosse un tale successo che le macellerie passarono ben presto a creare gli arrosticini con tagli di carne più pregiati e, nel tempo, questa pietanza ha raggiunto il rilievo culinario che conosciamo oggi. Precisiamo che un vero arrosticino tradizionale è composto da carne ovina giovane o di montone castrato. Gli arrosticini oggi sono consumati in tutto il Paese grazie alla grande distribuzione e all’esportazione di questo alimento in ogni dove.
Varianti e tipologie
Gli arrosticini più diffusi sono quelli a piccoli cubetti infilati in uno stecchino di legno di betulla lungo circa 25 centimetri. Le varianti più apprezzate sono quelle a taglio irregolare alternati con strati di carne magra e piccole porzioni di grasso di pecora che con la brace si scioglie e dona gusto e morbidezza alle carni infilzate. A queste si sono aggiunte le varianti in carne di fegato con aggiunte di cipolla o foglie di alloro per amalgamarne il sapore più deciso.
Una cena tipica
Una cena tipica a base di arrosticini si presenta organizzata in modo molto semplice, quasi frugale, nel rispetto delle tradizioni pastorali. Difatti gli arrosticini rigorosamente cotti alla brace si abbinano a fette di pane abbrustolito e innaffiato di olio extravergine di oliva semplice o aromatizzato all’aglio.
Il tutto viene accompagnato rigorosamente con ottimo Montepulciano da uva rossa e succosa, il vino ideale per degustare le carni sapide con cuore morbido e superficie croccante. A fine pasto i ristoranti tipici offrono un buon digestivo locale, spesso a base di radici di genziana, oppure un dolce tiramisù.