Dove finisce il cibo che viene cucinato in ogni puntata di MasterChef? Non sono né i giudici né i concorrenti a usufruirne.
MasterChef ha debuttato in Italia nel 2011 e, ad oggi, continua ad essere il re dei talent di cucina. I giudici, i concorrenti e le prelibatezze sono un mix perfetto, ma vi siete mai chiesti dove finisce il cubi preparato a ogni puntata? La risposta vi sorprenderà.
MasterChef: dove finisce il cibo cucinato a ogni puntata?
Nato nel 1990 da un’idea del regista britannico Franc Roddam, MasterChef è il cooking show più amato al mondo. Dalla versione Usa a quella Italia, passando per le altre 38 varianti: il suo successo è inarrestabile e coinvolge diverse generazioni. Non stupisce, quindi, che i retroscena sul format suscitino tanta curiosità. Vi siete mai chiesti, ad esempio, dove finisce il cibo cucinato a ogni puntata?
Questa domanda stuzzica da sempre la curiosità del grande pubblico, specialmente per coloro che prestano grande attenzione allo spreco alimentare e alla responsabilità sociale di un programma tanto seguito. E’ bene sottolineare, infatti, che a ogni puntata vengono preparate diverse pietanze, ma che né i giudici né tantomeno i concorrenti sono chiamati a consumare gli avanzi. La loro destinazione, per volere della produzione, è molto più edificante.
MasterChef non è solo show, ma anche solidarietà
Il cibo cucinato a ogni puntata di MasterChef è destinato a iniziative di solidarietà. Pertanto, non viene sprecata neanche una briciola delle prelibatezze preparate dai concorrenti. Per quanto riguarda la versione italiana, dal 2013 la produzione del cooking show collabora con Last Minute Market, un’organizzazione che si occupa del recupero e della redistribuzione di alimenti non utilizzati.
Questa partnership ha consentito, ad oggi, di ridistribuire più di 45 tonnellate di cibo. Una mossa che da un lato contrasta lo spreco alimentare e dall’altro aiuta le persone in difficoltà. Tra queste associazioni, ad esempio, c’è l’Opera Cardinal Ferrari di Milano, che fornisce pasti a famiglie in difficoltà economica, lavoratori precari, studenti fuori sede e pazienti di ospedali e case di cura. Non solo, ce n’è un’altra che si occupa di donne vulnerabili.