Km 0? Sì ma solo sul menù: la verità che i ristoranti non dicono

Km 0? Sì ma solo sul menù: la verità che i ristoranti non dicono

Alcuni ristoranti propongono sul menù piatti con prodotti a km 0, ma la loro origine è ben diversa: ecco la nuova truffa invisibile.

Si sa, l’idea di consumare prodotti a km 0 piace a tutti. In effetti questo aggettivo implica automaticamente che il prodotto scelto sia stato prodotto nelle vicinanze, dandoci l’idea che sia più fresco. Tuttavia, a volte possiamo cadere in un tranello. Infatti, alcuni ristoranti scrivono sul menù di utilizzare prodotti a km 0, quando in realtà la loro origine è industriale.

Cosa significa “km 0”

Il termine “km 0” è ormai molto utilizzato nel settore alimentare e della ristorazione. Con questa etichetta ci si riferisce a tutti quei beni che vengono prodotti entro 70 km dal luogo in cui sono poi venduti o consumati. Ovviamente ciò vale anche per il pesce, dato che come riferimento si prende in considerazione il luogo in cui lo si pesca.

Tuttavia è opportuno fare anche una considerazione. Un prodotto a km 0 non necessariamente è anche biologico o sostenibile, senza contare che questa dicitura non implica neppure che sia di qualità eccellente. Quindi, l’unica cosa sicura che porta a prediligere la scelta di prodotti a km 0 è il fatto che limitino l’impatto sull’ambiente.

Cibo sano

La truffa dei ristoranti a km 0

In ogni caso, è indubbio che il consumatore preferisca acquistare beni alimentari di questo tipo. E ad essersene accorti sono anche i ristoranti, tant’è vero che molti di essi offreno sul proprio menù piatti realizzati con ingredienti a km 0. Un’idea vincente, certo, se non fosse che alcuni locali propongano piatti realizzati con prodotti di questo tipo solo sul menù, mentre in cucina vengono impiegati ingredienti industriali.

Si tratta di un caso di frode alimentare a tutti gli effetti, anche perché di solito il consumatore paga i piatti realizzati con gli ingredienti a km 0 di più. Proprio per questo motivo esistono delle leggi che tutelano il consumatore e che prevedono una multa fino a 9.500 euro per chi mette in atto la truffa.

Un esempio: il caso dell’olio extravergine di oliva

Se vogliamo fare un esempio, possiamo citare il caso di alcuni ristoranti che vendevano olio extravergine di oliva falso ai loro clienti. Infatti, in seguito a un’indagine riportata da Gambero Rosso, si è scoperto che l’olio spacciato come tale, in realtà, fosse realizzato con semi la cui origine era pressoché sconosciuta.

Ma non è tutto. Per rendere il suo colore e sapore simile a quello del vero olio extravergine, venivano impiegati sia la clorofilla che il beta carotene. Ed è proprio quest’ultima sostanza ad essere potenzialmente molto pericolosa per la salute. Non a caso, si è scoperto che se assunta in dosi eccessive può aumentare il rischio di cancro ai polmoni in coloro che fumano, mentre deve essere assolutamente evitata dalle donne in gravidanza.

Quindi, quella dei falsi prodotti a km 0, non solo è una truffa che porta i consumatori a pagare di più per un prodotto a volte di qualità inferiore, ma può anche causare seri problemi alla salute.

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