Secondo un nuovo studio, l’acqua in bottiglia contiene dalle 110mila alle 370mila minuscole particelle di plastica per ogni litro.
Sulla base di un nuovo studio condotto negli Stati Uniti, nell’acqua delle bottiglie in plastica possono essere presenti fino a 370 mila particelle per ogni litro, di cui il 90% sono nanoplastiche.
Nell’indagine sono state analizzate tre marche d’acqua in bottiglia e secondo gli esperti, queste particelle sono pericolose per la salute umana in quanto possono invadere le cellule e i tessuti degli organi principali.
Lo studio sull’acqua delle bottiglie in plastica
Per molti, consumare acqua da bottiglie di plastica è ormai un’abitudine. Tuttavia, negli ultimi anni, oltre alla preoccupazione legata alla gestione dell’enorme quantità di rifiuti plastici, sono aumentate anche quelle riguardanti i potenziali rischi per la salute umana. In particolare, c’è una crescente preoccupazione legata al fatto che le bottiglie di plastica possano rilasciare minuscole particelle di plastica nell’acqua.
A confermarlo è un recente studio condotto da alcuni ricercatori della Columbia University di New York e pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Science (PNAS)“. Nel corso dell’indagine condotta dagli studiosi, sono state esaminate tre note marche d’acqua in bottiglia vendute negli Stati Uniti. I risultati hanno rivelato la presenza di un numero compreso tra 110.000 e 370.000 particelle di plastica per litro, delle quali il 90% erano nanoplastiche. Il team di ricerca è riuscito anche a identificare il materiale specifico da cui derivavano queste particelle, individuando che una comune nanoplastica era il polietilene tereftalato, noto come PET. Questo, infatti, è ampiamente impiegato per imbottigliare il 70% delle bottiglie destinate a bevande e liquidi alimentari in tutto il mondo.
“Ciò non sorprende, poiché è di questo che sono fatte molte bottiglie d’acqua – hanno spiegato i ricercatori –. Il PET viene utilizzato anche per bibite in bottiglia, bevande energetiche per sportivi e prodotti come ketchup e maionese. Probabilmente entra nell’acqua perché le particelle si staccano quando la bottiglia viene spremuta o viene esposta al calore”. Infatti, l’acqua imbottigliata in plastica può essere soggetta a contaminazione in varie fasi della catena di produzione e distribuzione. Le condizioni di stoccaggio, tra cui l’esposizione alla luce e le variazioni di temperatura, possono favorire la migrazione di contaminanti nell’acqua.
La nuova stima, ottenuta attraverso l’utilizzo di una tecnologia recentemente perfezionata, rivelata dalla ricerca, è dalle 10 alle 100 volte superiore rispetto alle stime precedenti. Queste ultime si concentravano esclusivamente sulle particelle di dimensioni comprese tra 1 e 5 µm, cioè le microplastiche.
I rischi per la salute umana
Le nanoplastiche, secondo quanto riportato dagli esperti, rappresentano la forma più preoccupante di inquinamento plastico per la salute umana. Infatti queste sono equivalenti a un millesimo della larghezza media di un capello umano, così minuscole che hanno la capacità di attraversare l’intestino e i polmoni, entrando direttamente nel flusso sanguigno. Da qui, possono viaggiare verso vari organi, inclusi cuore e cervello, invadendo le singole cellule o penetrando nella placenta delle donne in gravidanza, raggiungendo gli organi del feto, con impatti ancora non completamente compresi.
“Sappiamo che queste microparticelle stanno entrando nel corpo e sappiamo che percentuali ancora maggiori di nanoparticelle più piccole stanno entrando nelle cellule, ma non sappiamo esattamente dove stanno andando nella cellula o cosa stanno facendo.”
Le prove crescenti indicano che queste minuscole particelle di plastica possono avere effetti anche sugli ormoni sessuali, contribuendo potenzialmente al declino dei tassi di fertilità. Inoltre, possono indurre la cancerogenesi, causando danni alle cellule umane simili a quelli provocati dalle particelle di inquinamento atmosferico.