Immaginate una sorta di frittata con patate, rafano e pecorino, cotta in padella, al forno o alla brace e avrete così la rafanata.
La rafanata è un piatto tipico della Basilicata che deve il suo nome all’ingrediente principale: il rafano. Questa radice, un tempo considerata il tartufo dei poveri, trova largo impiego nella cucina della zona. Basta però uscire dai confini regionali per perdere le tracce di questo ingrediente e di tutte le ricette che lo vedono protagonista.
Volendo descrivere la rafanata, potremmo dire che si tratta di una sorta di frittata con tante uova, pecorino, rafano grattugiato e patate originariamente cotta alla brace, mettendo la carbonella sia sotto che sopra la pentola, e oggi preparata al forno o in padella. Certamente questa tecnica è più immediata tuttavia si va a perdere parte del sapore affumicato caratteristico della ricetta.
Come preparare la rafanata con la ricetta originale
- Per prima cosa lessate le patate in abbondante acqua leggermente salata. Il tempo varia in base alla dimensione delle patate: per testarne la cottura infilzatele con i rebbi di una forchetta fino a quando non saranno tenere. Ci vorranno dai 30 ai 50 minuti.
- Poi scolatele e schiacciatele subito con una forchetta o con lo schiacciapatate.
- Sbucciate anche il rafano e grattugiatelo con una grattugia a fori piccoli.
- A parte, in una ciotola capiente, sbattete le uova con il pecorino, un pizzico di sale e uno di pepe.
- Unite le patate schiacciate e il rafano grattugiato e mescolate bene.
- Oliate un tegame e versate la frittata.
- Cuocete a fiamma media per 10 minuti o fino a che non cominceranno a staccarsi i bordi.
- A questo punto, aiutandovi con un coperchio, giratela e proseguite la cottura anche dall’altro lato.
- Servite la rafanata ben calda.
Per preparare la rafanata al forno il procedimento è analogo. Versate però le uova con gli altri ingredienti in una teglia rivestita di carta forno e cuocete a 200°C per 30 minuti.
Varianti della rafanata
La rafanata si può preparare anche con le patate crude, aggiunte grattugiate alle uova, oppure aggiungendo al composto della mollica di pane, per renderla ancor più sostanziosa come si vede in questo video.
Sul finire del periodo carnevalesco, la rafanata si arricchisce di salumi tipici del territorio come la soppressata. Inoltre, con lo stesso impasto è possibile formare delle polpettine da friggere.
Attenzione però a non confonderla con la rafanata di Castelsaraceno: in questo caso infatti avremo davanti un piatto PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) di maccheroni al ferretto cotti alla brace e conditi con un ragù di carne, rafano e pecorino.
Conservazione
La rafanata si mantiene in frigorifero per 2-3 giorni, ben coperta da pellicola. Potete consumarla dopo averla riscaldata in padella o al forno oppure a temperatura ambiente.
Origine e storia
Il rafano è, almeno all’apparenza, un ingrediente insolito per la cucina lucana. Associato più che altro a ricette tipiche del Nord Italia e del Nord Europa, in realtà arrivò in Basilicata insieme ai normanni attorno all’XI secolo. Qui trovò terreno fertile (in tutti i sensi): la popolazione infatti scoprì ben presto che non solo era semplice da coltivare, ma anche molto nutriente. Al rafano rusticano (Amoracia rusticana) si deve quindi il nome della ricetta.
Ma qual è la storia della rafanata? Difficile stabilire con certezza quando il piatto venne preparato per la prima volta, trattandosi comunque di una ricetta realizzata con ingredienti semplici e di uso comune. Più semplice invece stabilire il dove. La rafanata infatti è originaria di Aliano, un paese di 1000 abitanti della provincia di Matera. Da lì si è poi diffusa in tutta la Val d’Agri e nell’alta collina materana.
Tipica del Carnevale, si prepara dal giorno di Sant’Antonio, il 17 gennaio, fino al martedì grasso. Soprattutto in questo periodo, ossia gli ultimi giorni prima che inizi il digiuno quaresimale, la rafanata si arricchisce di salumi tipici del territorio come la soppressata o il pezzente, aggiunti a dadini.
Il composto di uova, patate e formaggio veniva cotto in un tegame di terracotta ben unto con lo strutto e posto sulla brace. Grazie alla tecnica del foc sott e foc sop (ossia brace sotto e sopra il coperchio) si creava una sorta di forno che conferiva alla rafanata non solo la sua caratteristica consistenza ma anche un piacevole profumo affumicato.
Tradizionalmente, il formaggio utilizzato è il canestrato di Moliterno IGP, un cacio pregiato ottenuto da latte ovino e caprino. Difficile da reperire al di fuori dei confini regionali, può essere sostituito con il pecorino.
Oggi la rafanata fa parte del trittico del Carnevale di Aliano insieme a frzzul e sauzizz ossia frizzuli (i fusilli alla lucana preparati con il ferretto) e salsiccia. In tempi recenti, questa ricetta è stata protagonista di una puntata di Dinner Club, con Carlo Cracco.