A ciascuno il suo Dom Pérignon. No, non si tratta della rilettura in chiave enologica del capolavoro di Leonardo Sciascia, è solo l’introduzione ad un approfondimento interessante per chi a cuore in maniera particolare l’abbinamento tra cibo e vini.
Parliamo del Dom Pérignon non certo uno champagne come tutti gli altri, quanto piuttosto il marchio probabilmente più celebre al mondo in fatto di bollicine, nato dalla intuizione visionaria dell’abate Pierre Pérignon che, secondo la leggenda, inventò lo Champagne nel XVII secolo nell’Abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers, nei pressi di Épernay, Grand Cru della Vallé de la Marne.
Il core business della maison Moët & Chandon, oggi acquisita dal colosso LVMH e produttrice del Dom Pérignon come sua cuvée di punta, è quella di ricercare costantemente la perfezione, per ottenere uno champagne ideale, da poter considerare il migliore possibile. Per fare questo esperti enologi lavorano costantemente in modo da ottenere la ben nota complessità aromatica propria di questa maison, declinata poi in ogni singola annata in modo del tutto originale. Le uve di base sono Chardonnay e Pinot Nero, come da disciplinare; i vini sono poi prodotti anno per anno, sempre come cuvée millesimate.
Le caratteristiche di base del Dom Pérignon
Oggi, anche in Italia, lo champagne ha perso per strada l’immagine di brut ad uso esclusivo di aperitivi e brindisi, per arrivare senza problemi sulla tavola. Doveroso però, per supportare ed accompagnare al meglio un pranzo o una cena, scegliere con cura il Dom Pérignon da stappare, magari considerando l’idea di variare il vino nel corso del pasto. L’offerta è decisamente ampia, si va dai più pregiati Vintage degli anni ’90 o dei primi 2000, o addirittura i grandi formati, fino alle bottiglie meno pretenziose, e anche meno costose.
Sono disponibili 3 varianti di Dom Pérignon, che dipendono dal tempo trascorso dalla vendemmia alla bottiglia sullo scaffale. Dom Pérignon vintage è la versione commercializzata 9 anni dopo la vendemmia; le bottiglie Dom Pérignon P2 sono vendute solitamente dopo 12-15 anni dalla vendemmia; l’ultima “versione”, o sarebbe meglio dire la terza plènitude, è costituita dal Dom Pérignon P3, che è venduta dopo 25 anni dalla vendemmia. Le differenze tra le tre “versioni” si fanno sentire, lo stesso dicasi per quanto riguarda i singoli millesimi, ossia le annate disponibili.
Abbinare il Dom Pérignon
Abbinare uno champagne a tutto pasto però non è così scontato. Solitamente si tende a prediligere alcune tipologie di champagne per particolari piatti, quindi l’ideale, per ottenere l’effetto migliore possibile con ogni piatto, sarebbe opportuno cambiare champagne ad ogni portata, o almeno un paio di volte nel corso del pasto.
In linea generale il Dom Pérignon ha un forte sentore minerale e vegetale, adatto ad accompagnare piatti a base di frutti di mare e crostacei, ma anche funghi porcini (con il loro profumo di sottobosco) e tartufi dall’aroma incomparabile. In ogni caso non è difficile trovare un’annata di Dom Pérignon che ben si possa adattare a questo tipo di piatti.
Per quanto riguarda il Dom Perignon Vintage, si tratta di un vino la cui elaborazione dura almeno otto anni, per permettergli di raggiungere un equilibrio ideale con molte note fruttate (guava, pompelmo verde, pesca bianca) affiancate da note di vaniglia legnosa e di brioche appena sfornata. A tavola, questo suo bouquet complesso lo rende adatto all’abbinamento con primi e secondi piatti a base di carne, compresa la selvaggina da piuma.
Riguardo invece al Dom Perignon P2 (dove l’acronimo significa “Plénitude 2” e indica la pienezza, la completezza, la perfezione), stappare una di queste bottiglie significa fare la conoscenza con l’intensità di un vino lasciato a riposare per circa quindici anni, in una lenta trasformazione nelle cantine che lo impreziosisce notevolmente.
Il bouquet di questo vino è maturo, tonico, e caldo. Anche qui si affiancano alla freschezza del bergamotto e della frutta a nocciolo delle note più calde che ricordano il profumo del fieno e delle brioche. Gli abbinamenti ideali di questo vino possono essere dei consommé di manzo, ma anche piatti a base di molluschi, polpo o branzino, carciofi fritti, mousse al cardamomo.
Come vedete, ce n’è per tutti i gusti, per tutte le tasche e per tutte le portate. Buon appetito e buona degustazione.
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