Scopriamo cos’è la grattachecca romana, come si prepara e qual è la storia dietro questa bevanda rinfrescante.
A Roma non si può proprio sentir parlare di granita. La capitale ha la sua bevanda personale per ristorarsi dalla calura estiva ed è la grattachecca. Potremmo chiamarla “la granita romana” ma in realtà e molto diversa da questa preparazione. Le sue radici risalgono agli antichi romani quando al posto del ghiaccio si usava la neve e si aggiungeva miele e frutta per aromatizzarla.
Oggi è una vera e propria istituzione e in giro per la città non mancano i botteghini sorvegliati dalla mitica figura del grattacheccaro che la preparano alla vecchia maniera. Farla a casa è semplice ma dovrete avvalervi di un mixer o di un tritaghiaccio. L’importante è lasciare dei cristalli grossolani, proprio come vuole la tradizione.
Come preparare la ricetta della grattachecca
- Per prima tirate fuori dal frigorifero il ghiaccio almeno 10 minuti prima di prepararla per evitare di sforzare il dispositivo.
- Frullate o tritate con il tritaghiaccio fino a ottenere dei cristalli grossolani e distribuite nei bicchieri.
- Versate lo sciroppo in modo da colmare gli spazi, date una mescolata veloce e servite subito decorando a piacere con della frutta fresca.
Per aromatizzare la grattachecca potete utilizzare gli sciroppi che si trovano in commercio come quello alla menta, l’orzata, quello all’amarena o alla mandorla oppure un più comune succo di frutta.
Origine e storia della grattachecca romana
Per risalire alle origini di questa ricetta tipica della Capitale dobbiamo fare un grande salto indietro nel tempo. Tra gli antichi romani spiccava la figura del nevarolo ossia colui che era incaricato di recuperare la neve sulle montagne, portarla in città e custodirla nelle neviere avvolta nella paglia. Da questi blocchi di neve si ricavava la nivitate potiones, una bevanda dolce a base di neve, miele e frutta fresca. Pensate che già Plinio il Vecchio ne parla nel suo libro più famoso, il Naturalis Historia.
Proseguendo verso i giorni nostri, il pollivendolo Ruggieri nel ‘500 conquistò con una bevanda simile l’intera corte francese di Caterina De Medici.
Dobbiamo però arrivare ai primi del ‘900 per trovare la ricetta della grattachecca come la conosciamo oggi. Il nome nasce dall’unione di grattare e checca, termine dialettale che indica i grandi blocchi di ghiaccio (lunghi anche un metro) che un tempo venivano utilizzati per conservare i cibi. Insomma, gli antenati dei nostri frigoriferi. Il blocco veniva per l’appunto grattato con un apposito raschietto dotato di contenitore per ghiaccio e i cristalli ottenuti distribuiti nei bicchieri.
La principale differenza tra la granita e la grattachecca infatti è proprio questa. La prima tutti gli ingredienti vengono mescolati e tenuti in movimento da una macchina, la seconda prevede l’aggiunta di uno sciroppo al ghiaccio solo al momento di servirla. C’è però da dire che le versioni più moderne si ottengono utilizzando un mixer o un tritaghiaccio, proprio come vi abbiamo suggerito noi.
Preparazioni simili si trovano un po’ in tutta Italia sebbene con nomi differenti: in Italiano sarebbe la ghiacciata (impropriamente chiamata granatina); a Napoli è la rattata; a Palermo la grattatella; a Bari la grattamarianna; a Livorno la granita.
Oggi sicuramente la più diffusa è la granita. Ci riferiamo in particolare alla granita siciliana che si distingue da tutte le altre per cremosità e sapore intenso, dato soprattutto degli ingredienti genuini che si utilizzano per prepararla.
Grattachecca a Roma: dove gustare l’originale
Negli ultimi tempi questo fresco “street drink” è passato un po’ di moda. Tuttavia nella Capitale ci sono alcuni luoghi storici dove è possibile gustare l’originale grattachecca romana. Il più antico è “Alla fonte d’oro” attivo dal 1913 e situato sul Lungotevere Raffaello Sanzio. La grattachecca di Sora Mirella in Lungotevere dell’Anguillara (famosa quella ai frutti di bosco) è tra le più apprezzate insieme a quella di Sora Maria, nel quartiere Prati.