E’ “l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo”, ma in pochi conoscono la sua storia. E il nome la racconta già tutta.
Se c’è un aggettivo adatto a descriverlo, allora questo deve essere “inconfondibile”: nel caratteristico colore arancione chiaro, nel sapore amarognolo, nella voce che lo annuncia nei fortunati slogan pubblicitari, ed anche, almeno fino alla fine del 2023, nella sua provenienza dal piccolo comune della Valle Antigorio (Piemonte) in cui è nato. Il Crodino, l’analcolico biondo più conosciuto, sta però per cambiare “casa”: a partire dall’anno nuovo, non verrà infatti più prodotto nella cittadina che l’ha creato e che gli ha dato il nome.
Perchè il Crodino si chiama così: la storia dell’analcolico
Tutto ha inizio nel 1964: siamo a Crodo, un comune di 1400 abitanti nella provincia di Verbania-Cusio-Ossola, in Piemonte. Piero Ginocchi, proprietario del marchio di acqua minerale Terme di Crodo, nel Dopoguerra aveva iniziato a produrre analcolici nello stabilimento del paese, dopo aver perso le sedi milanesi dell’azienda sotto i bombardamenti. Desiderava quindi imporsi sul nuovo mercato, ma sapeva che per farlo avrebbe dovuto lanciare un’idea originale.
Chiama così Maurizio Gozzelino, enologo originario di Cuneo, e gli commissiona la creazione di una nuova bevanda analcolica. Gozzelino dà vita alla miscela di acqua, zucchero, chiodi di garofano, cardamomo, coriandolo, noce moscata e altre spezie che ancora oggi costituiscono la ricetta segreta del drink, e inventa quindi “l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo”. All’inizio, il prodotto viene venduto come “Picador”, ma poi, nel 1965, si decide per il nome più giusto, quello che avrebbe omaggiato la città di origine, ossia “Crodino“.
Da quel momento e fino ad ora, l’analcolico è sempre stato prodotto nello stabilimento di Crodo, anche se questo ha visto diversi passaggi di proprietà: nel 1983 infatti, tutti i marchi di Terme di Crodo sono stati acquistati dall’azienda olandese Bols Wessanen, e poi nel 1995 sono stati ceduti all’italiana Campari. E proprio quest’ultima, che possiede il brand Crodino, a breve, sposterà la sede della produzione, portando la bevanda via dal paese che gli ha dato il nome.
L’addio allo stabilimento di Crodo
“Il contratto con Campari per la produzione del Crodino a Crodo scade nel 2023 e non sarà rinnovato“: questo l’annuncio – riportato da La Repubblica – fatto da Jan Ankersen, dirigente di Royal Unibrew, la società danese che gestisce il sito produttivo del Verbano-Cusio-Ossola dal 2017, senza però avere mai acquisito il marchio Crodino.
L’analcolico biondo costituisce già da tempo una percentuale minima della produzione dello stabilimento di Crodo, dove invece i volumi più grandi sono ricoperti dalle altre bevande commercializzate dall’azienda danese, come LemonSoda, OranSoda, PelmoSoda e MojitoSoda. Lo spostamento della catena produttiva del Crodino nelle sedi di Campari a Novi Ligure non presenta quindi problemi in termini di licenziamenti o ipotetiche chiusure della fabbrica.
Tuttavia, è sicuramente la fine di un’era, sia per il marchio della bevanda che per il paesino piemontese. Gli abitanti di Crodo si dicono “amareggiati” da questa decisione, e lo stesso inventore del drink ha commentato: “Decisione ignobile, dettata solo per ragioni commerciali”, come racconta La Stampa.