Come si fa il ragù napoletano? Ecco gli ingredienti e la ricetta tipica partenopea perfetta per condire succulenti primi piatti di pasta.
Il ragù napoletano, conosciuto anche come ‘o rraù in dialetto, è un condimento tipico della cucina partenopea. Per i napoletani il ragù è un’istituzione e come ogni ricetta tipica ne esistono diverse varianti: c’è chi utilizza solo carne di manzo e chi opta per un misto di suino e manzo. Generalmente la salsa viene utilizzata per condire la pasta, mentre la carne viene consumata come secondo piatto insieme ai friarielli.
Caratteristica inconfondibile di questa ricetta è la preparazione piuttosto lunga: i napoletani DOC iniziano a preparare il ragù la sera prima del giorno in cui deve essere consumato, perché il sugo deve “pippiare” (sobbollire) almeno per 6 ore. Ecco la ricetta originale passo per passo!
Come preparare la ricetta del ragù napoletano
- Iniziate condendo le braciole: si tratta di fettine di carne sottili che andremo a condire con sale, pepe, aglio a pezzetti, parmigiano e prezzemolo.
- Arrotolate le braciole e fermatele con degli stuzzicandenti oppure legatele con dello spago da cucina.
- Tagliate a pezzi piuttosto grossi il biancostato. Lasciate intere salsicce e costine.
- In un tegame (la tradizione lo vorrebbe di rame) rosolate tutta la carne in un poco di olio. Quando sarà sigillata su tutti i lati trasferitela momentaneamente su un piatto e nello stesso olio rosolate la cipolla affettata finemente.
- Rimettete la carne in pentola, sfumate con il vino e aggiungete la passata di pomodoro regolando di sale. Il ragù alla napoletana dovrebbe cuocere per almeno 2 ore posizionando la cucchiarella (il cucchiaio di legno) sulla pentola in modo che mantenga il coperchio appena sollevato. In gergo si dice che deve pippiare, ossia sobbollire dolcemente.
- Una volta pronto, utilizzate la salsa per condire la pasta e servite la carne come seconda portata.
Preparare il ragù napoletano non è per niente difficile ma se volete farlo seguendo la tradizione l’impresa potrebbe rivelarsi più ardua, complice la lunga cottura e la ricetta non ben codificata. Noi infatti vi abbiamo proposto la versione della nostra famiglia ma come i napoletani sanno, ognuno ha la sua ricetta che, ovviamente, è la migliore.
Vi lasciamo anche un breve video dove potete vedere tutti i passaggi per portare in tavola questo sontuoso piatto della domenica. Riconoscete la poesia di sottofondo? Ve ne sveliamo la storia tra poco!
Ragù napoletano: tra storia e leggenda
Il ragù napoletano ha come antenato un piatto tipico della cucina provenzale, il daube de boeuf, uno stufato di carne e verdure, a sua volta ispirato al ragout, sempre a base di carne (in questo caso montone) e verdure. Il termine deriverebbe dal francese antico ragoutant che significa allettante, appetitoso.
La ricetta si diffonde a Napoli grazie a Ferdinando IV di Borbone o meglio, grazie a sua moglie Carolina D’Asburgo Lorena. Sul finire del ‘700 infatti si stava sempre più diffondendo la moda di avere a corte cuochi francesi. Questi portarono le loro ricette ma i nomi vennero brutalmente storpiati. È così che il ragout diventa ragù, il gateau il gattò e il surtat il sartù.
La prima traccia scritta è contenuta ne Il cuoco galante di Vincenzo Corrado dove la ricetta compare per la prima volta nella sua forma attuale, ossia con il pomodoro. Alcuni però sostengono che un piatto simile fosse presente in città già nel 1300.
Oggi il ragù napoletano è una vera e propria istituzione. Pensate che un tempo veniva preparato dalla madre dello sposo e portato in dono alla futura moglie insieme alla ricetta. Questo era un segno di accettazione nella famiglia, peccato che spesso la ricetta mancasse di qualche ingrediente o passaggio così da “costringere” il figlio a far sempre ritorno a casa.
Negli anni, la ricetta è stata decantata anche in alcuni componimenti come la poesia di Eduardo De Filippo ‘O rraù:
« ‘O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel’ ‘a miezo st’usoSì, va buono: comme vuò tu.
Mò ce avéssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere ‘na parola?…
Chesta è carne c’ ‘a pummarola»
Ma non è tutto. Una leggenda racconta che sul finire del ‘300 la Compagnia dei Bianchi girava per la città invocando “misericordia e pace” e invitando a perdonare i propri nemici. Vennero accolti positivamente, fatta eccezione per un nobile, astioso e nemico di tutti. Non cedette nemmeno quando il figlioletto in fasce miracolosamente pronunciò per tre volte il motto della Compagnia.
L’uomo era accecato dall’ira così la moglie, nel tentativo di ammansirlo, gli preparò un piatto di maccheroni che però si trasformò in sangue. Colpito dal prodigio, l’uomo si calmò e accetto l’invito alla pace. Preparato una seconda volta, il piatto di maccheroni si condì di una deliziosa salsa rossa che l’uomo chiamò con il nome del figlio, ossia raù.
Dal ragù napoletano deriverebbe il ragù alla bolognese, il classico di carne che ha reso l’Italia famosa nel mondo per la sua cucina.
Conservazione
Il ragù napoletano si mantiene in frigorifero, ben coperto da pellicola, per 2-3 giorni.