Giuseppe Caprotti pubblica un libro sulla storia di Esselunga: i litigi in famiglia, la nascita dell’azienda e fino alla morte del padre.
Nel libro “Le ossa dei Caprotti, una storia italiana” scritto da Giuseppe Caprotti, il figlio del fondatore di Esselunga, Bernardo, viene raccontata la vicenda di una famiglia in conflitto. Questa storia, pubblicata da Feltrinelli il 17 ottobre con un totale di 390 pagine al prezzo di 20 euro, esamina la storia della catena di supermercati a partire dalla sua fondazione nel 1957 e fino alla morte di Bernardo nel 2016.
Non solo si concentra sulla storia aziendale, ma anche sul rapporto difficile e tormentato tra Giuseppe e suo padre, Bernardo. Un legame complicato che non si è concluso con la morte dell’imprenditore, ma diversi anni prima, nel 2004, quando Giuseppe è stato allontanato dall’azienda. Come affermato nella seconda di copertina, “per uccidere un uomo non serve togliergli la vita, basta togliergli il lavoro”, citando le parole di Enzo Biagi.
Cosa racconta il libro
Questo libro racconta la storia di una delle dinastie più celebri nel panorama del capitalismo lombardo, offrendo una dettagliata ricostruzione della storia di Esselunga. Vengono esplorati anche aspetti quali l’interessante coinvolgimento della CIA, che nel 1955 raccoglie informazioni sulle famiglie italiane coinvolte nella creazione delle catene di supermercati. Si passa dall’azienda ai rapporti personali, non mancano le vicende famigliari del complicato rapporto padre-figlio, dei Natali ad ascoltare i discorsi di Mussolini piuttosto che la musica delle feste, e da frequenti visite alla cappella di San Bernardino alle Ossa. Il testo, poi, narra anche delle controversie e dei conflitti con i Barilla e Coop.
Durante la presentazione del libro, tenutasi presso la residenza di famiglia ad Albiate (Monza), Giuseppe ha sottolineato che ogni elemento presente nel libro è basato su documenti verificabili. Il testo contiene citazioni da libri, fotografie e documenti. Non si tratta di un romanzo, ma di un saggio storico.
Le lacrime di Giuseppe Caprotti
Il titolo “Le ossa dei Caprotti” deriva dalla straordinaria passione di Bernardo per le ossa e i cimiteri, tanto che spesso portava i suoi figli nella chiesa di San Bernardino alle ossa a Milano durante le domeniche, come riportato nella presentazione. Originariamente, il libro aveva un titolo diverso, ovvero “Pensavo che ti saresti sparato”, come ha specificato l’autore.
Questa scelta si basa sul fatto che l’allontanamento di Giuseppe da Esselunga è stato un vero incubo, e alcune persone temevano che Giuseppe potesse persino arrivare a compiere un gesto estremo. Durante la presentazione, Giuseppe ha affrontato momenti difficili, con lacrime che hanno segnato il suo volto in alcuni passaggi del discorso. Ha dichiarato: “Col tempo, una persona deve imparare a convivere con quello che è stato astio, persino odio. Ora non è più così. Non volevo che queste pagine raccontassero la storia di un rapporto familiare tormentato; mi interessava solo in parte”.
L’ascesa di Esselunga e la mancata vendita
Il testo infatti non è solo fatto di drammi famigliari, ma anche della costituzione e delle vicende che stanno dietro la nascita di una delle più importanti catene di supermercati italiane: Esselunga. Parla degli esordi e di come ha cercato di innovarsi con fatica (probabilmente per le rimostranze di Bernardo Caprotti, a detta del figlio). Non mancano infatti narrazioni sulle dinamiche aziendali e la rivoluzione digitale che ha portato Esselunga a lanciare il suo servizio di e-commerce nel 2001.
Tuttavia, non si fa alcun accenno alla gestione attuale della catena. Quando viene chiesto a Giuseppe cosa ne pensi, così come della mancata vendita, come invece indicato dal padre nel testamento, la sua risposta è la seguente: “Non mi sorprende. Credo che Esselunga sarebbe stata allettante per chiunque. Se l’avessi avuta, la avrei sicuramente mantenuta”.
Giuseppe Caprotti sullo spot della Pesca
L’autore non ha fatto accenni sul chiacchieratissimo spot sulla Pesca, che ha letteralmente diviso l’opinione pubblica in più fazioni. Nonostante il suo silenzio i giornalisti non si sono lasciati sfuggire la domanda, durante la presentazione, e Caprotti ha risposto così: “La pubblicità della pesca a me ha ricordato un po’ gli spot Barilla degli anni Novanta. Io preferisco Piero della ‘Franpesca’”. Parlando della famosissima pubblicità divenuta simbolo della catena, con vari prodotti “vestiti” e denominati come personaggi famosi o storici e firmata da Armando Testa.
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