Realizzate con ingredienti semplici e quotidiani, le tigelle o crescentine sono il simbolo della convivialità modenese. Ma cosa sono e come si fanno? Scopriamolo!
Le tigelle o crescentine sono un tipo di pane del modenese, simile alle piadine ma più piccole e spesse. Per la loro realizzazione, bastano pochi ingredienti di uso comune: farina, acqua, sale, lievito di birra o bicarbonato. Oggi, ad essi, viene aggiunto anche un po’ di olio e, a volte, lo strutto.
Si dice che le tigelle siano il cibo perfetto per la convivialità perchè, nella tradizione, venivano preparate direttamente con i commensali vicino al camino. Questo permetteva di non perdere neanche un minuto in loro compagnia!
Tipico piatto unico della cucina tradizionale povera e contadina emiliana, oggi le tigelle sono sempre più comuni nei menù delle trattorie oltre che essere le protagoniste di tante sagre e feste di Paese emiliane come moderno street food.
Noi, oggi, andremo a realizzare la ricetta tigelle senza strutto (che è più difficile da reperire e più pesante). Vediamo subito come si fanno!
Come fare le tigelle modenesi
Per preparare le tigelle facilmente e per raggiungere un risultato ottimale vi consigliamo di avere a disposizione una planetaria.
L’impasto per tigelle
- Basterà inserire le due tipologie di farina nella planetaria. Aggiungete il latte, il lievito e metà olio. Una volta inseriti, azionate la planetaria per 1 minuto.
- Aggiungere il restante olio, chiudete e riattivate la planetaria. Poi basterà lasciare andare la planetaria fino a che non si sarà formato un unico impasto uniforme.
- A questo punto, aggiungete al composto il cucchiaino di sale e azionate nuovamente la planetaria per 6 minuti.
Il riposo
- Prendere un tagliere e appoggiateci sopra l’impasto. Impastatelo nuovamente con le mani fino a che non si sentiranno più i grumi. Avvolgete nella pellicola trasparente e lasciate riposare a temperatura ambiente per almeno 2 ore.
- Trascorso questo tempo, prendere l’impasto e posizionarlo in frigo per 8 ore.
La preparazione delle forme
- Stendete l’impasto su di un tagliere fino a 5 mm di spessore. Munitevi di un coppapasta di 8,5 cm di diametro e iniziare a fare le forme delle tigelle.
- Stendere la carta da forno su una teglia e lasciare le tigelle a riposare per altri 20 minuti.
La cottura
Per cuocere le tigelle bisognerà servirsi di uno strumento chiamato “tigelliera”, una padella ad hoc che si cuoce sul fuoco 4 o 5 minuti per parte.
Come servire e farcire le tigelle
Tradizionalmente le tigelle o crescentine vengono servite in tavola ancora calde, avvolte in un canovaccio pulito che permetterà di farle respirare e di lasciarle morbide e croccanti. Solitamente si prosegue alla loro preparazione direttamente in tavola: le si apre a metà (a mo’ di panino) e si inserisce al loro interno un salume a scelta.
Un altro abbinamento tipico è quello con il lardo speziato con aglio e rosmarino che, inserito all’interno delle tigelle calde, si scioglie. Sono tante le combinazioni possibili: oggi si possono trovare anche crescentine vegetariane con rucola ed il tradizionale squacquerone ad esempio.
Perchè si chiamano così e qual è il loro vero nome?
C’è una certa discordanza sull‘etimologia del prodotto. Mentre al di fuori della regione Emilia Romagna, il più noto è tigella, in Emilia e soprattutto nel territorio di Modena sembra essere maggiormente in voga il termine crescentina. Infatti è proprio con questo termine che è stato registrato il prodotto nell’elenco dei PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).
Ma cosa significa tigella? E crescentina? Partiamo dal primo: il termine tigella deriva dal latino tegella, diminutivo di tegula che significava coperchio (dal verbo tegere). Infatti tegula era proprio il nome con il quale venivano chiamati i dischi di terracotta nei quali veniva cotto l’impasto che veniva, appunto, ricoperto. Per questo, sempre più puristi, oggi sostengono che il vero nome del prodotto sia crescentina, perchè, di fatto, tigelle è lo strumento e non il prodotto. Il termine crescentina invece sembra derivare alla crescita copiosa dell’impasto in fase di lievitazione.
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