Un viaggio alla scoperta di Ariccia, una delle mete gastronomiche più antiche e caratteristiche del Lazio e d’Italia

Gli antichi Romani coniarono il termine otium ad indicare il momento in cui si accantonano gli impegni per dedicarsi al relax. Per sfuggire al caos di una città che nel I sec. d.c. superava il milione di abitanti, molti romani si concedevano volentieri un’escursione nelle zone fuori Roma. Facilmente raggiungibile grazie alla via Appia Antica, Ariccia è una delle mete preferite; ne apprezzano il silenzio e la frescura dei boschi, l’aria pulita e l’abbondanza di gustose pietanze. Trascorrere i periodi liberi ad Ariccia diviene un’abitudine per gli antichi romani e i cittadini più abbienti vi costruiscono lussuose ville dotate di spazi in cui abbandonarsi a lunghi convivi intorno al cibo e al vino.

Fraschette di Ariccia amatriciana
Fraschette di Ariccia – tipica amatriciana

La riscoperta di Ariccia ai tempi del Barocco

Conclusasi l’epoca imperiale, il susseguirsi di eventi storici e guerre interrompe la fortuna di Ariccia come meta turistica, almeno fino al XVII secolo, quando tra le famiglie nobili d’Europa nasce l’abitudine di finanziare un viaggio culturale per i loro rampolli. Di passaggio verso Roma, i giovani aristocratici si fermano ad Ariccia, dove vengono conquistati da un’abbondanza di cibi e delizie senza pari e quella che doveva essere una breve sosta, diviene un soggiorno vero e proprio alla scoperta dei tanti tesori della cittadina laziale.
Al ritorno in patria dopo il Grand Tour d’Italie si narra di Ariccia, la cui fama inizia quindi a varcare i confini nazionali e per tutto il XVIII secolo artisti e letterati di tutta Europa vengono accolti nella Locanda Martorelli. Ospiti come Goethe o William Turner, sazi di ogni raffinatezza, lasciano affreschi, disegni e poesie scritte sui tavoli e sui muri che il locandiere, il “sor Martorelli”, protegge con strati di carta da parati. Ogni anno migliaia di turisti arrivano ancora ad Ariccia per soggiornarvi, attirati dalla proverbiale ospitalità degli abitanti e dal connubio tra delizie gastronomiche e amenità dei luoghi.

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La cucina migliore si tramanda da secoli

Un’attrazione, quella per Ariccia e la sua cucina, che ha dunque radici antiche e se è vero che almeno un quarto dei piatti che serviamo nelle nostre tavole deriva direttamente dalle pietanze in uso nell’antica Roma, buona parte di queste nasce proprio nella zona di Ariccia. Basti pensare che due alimenti tipici di Ariccia, porchetta e romanella, erano apprezzati già nella Roma imperiale: allora si usava acquistare il cibo direttamente dai contadini, sedendosi su tavole di fortuna a consumare carni arrostite e buon vino locale.
Le carni arrostite, in particolare, erano cotte secondo il metodo dei sacerdoti latini dell’antica Aricia, che offrivano a Giove Laziare carne di maiale, insaporita e cotta sul fuoco. In epoca imperiale, il Porcellum elixumfarsilem, lasciato arrostire dopo essere stato abilmente speziato, dalla crosta spessa e croccante e l’interno morbido e saporito, diviene la pietanza preferita dai romani in villeggiatura ad Ariccia. Si narra che addirittura Nerone ne fosse un grande estimatore e che amasse esaltarne il sapore con un condimento simile al nostro aceto balsamico.
Per smorzare la sapidità della porchetta, gli antichi romani non rinunciavano ad un boccale di vino locale. Un po’ tutti i cibi del luogo tendono ad essere saporiti – sale, spezie, peperoncino, servivano a dare gusto e a prolungare la conservazione – per questo ad Ariccia il vino non è mai mancato, grazie all’abbondanza di uve locali. Con l’avvento delle prime osterie nacque la romanella, un vino leggero e frizzante che si poteva ottenere rapidamente e con facilità, unendo uve autoctone rosse e bianche alle quali si aggiungeva lo zucchero per accelerare la fermentazione.

Fraschette di Ariccia porchetta
Fraschette di Ariccia –
porchetta

La nascita delle Fraschette risale al medioevo

Tra gli altri cibi che si potevano gustare ad Ariccia secoli fa e che ancora oggi rappresentano gustose tipicità, ci sono i formaggi di pecora stagionati, che già nell’antica Roma si utilizzavano come insaporitori. A volte venivano usati sulla pasta di grano duro, che ad Ariccia e in altre zone del Lazio, era condita con carne di maiale, uova, formaggio e spezie, dando origine a varianti come la gricia, la amatriciana e la carbonara. Infine, le coppiette, ovvero le tradizionali strisce di carne essiccata – maiale o cavallo – cosparse di peperoncino e servite dagli osti nell’attesa del vino.
In realtà le coppiette sono apparse nelle osterie di Ariccia solo negli ultimi secoli. Infatti, sebbene ad Ariccia esistessero punti di ristoro già in epoca romana, è però solo durante il Medioevo che nascono le vere e proprie Fraschette, caratteristiche locande arredate in maniera spartana dove l’ambiente è allietato da canti e stornelli. Il nome deriva dall’abitudine degli osti di appendere una frasca sull’uscio per indicare che era possibile entrare a bere, una sorta di pubblicità per richiamare avventori e recuperare i costi di produzione del vino.
Non vi era infatti altra fonte di guadagno diversa dalle prime grezze osterie per gli osti ariccini. In esse, prive di cucina, agli avventori che fanno baldoria sulle panche in legno non viene servito altro cibo all’infuori di un po’ di pane e delle uova sode. Era però permesso di recare con sé il cibo da casa o di acquistarlo dai venditori di formaggi e sott’oli e porchetta. Oggi le migliori fraschette ad Ariccia sono diventate meta preferita dei romani nel fine settimana per degustare piatti cucinati da veri e negli anni si sono trasformate in  vere e proprie osterie con cucina completa.

La qualità che si conserva nel tempo

Probabilmente la porchetta venduta nel medioevo era prodotta esattamente come quella dei nostri giorni, la cui ricetta millenaria non ha subito grandi cambiamenti. Tuttavia oggi, il metodo di lavorazione della Porchetta di Ariccia che ha ottenuto il marchio IGP, è oggetto di uno specifico disciplinare. A base di carne di maiale femmina e spezie – sale, pepe, aglio e rosmarino – il segreto della bontà della Porchetta di Ariccia è tutto nelle tecniche di lavorazione delle carni: dalle fasi della disossatura, speziatura e cottura dipende la riuscita di un prodotto che per la sua crosta croccante e le carni saporite, mette d’accordo i gourmet di tutto il mondo.
Anche al vino locale che annaffiava le pietanze dei romani imperiali, il famoso Romanella, abbinamento per eccellenza alla porchetta, è stato concesso un riconoscimento formale. Riveduto e corretto il processo di vinificazione secondo i parametri normativi della spumantizzazione, grazie alla rifermentazione naturale delle uve, bianche o rosse, oggi il Romanella spumante DOC è un vino frizzante leggermente dolce che si accompagna perfettamente ai sapori decisi dei piatti locali.
La cultura gastronomica di Ariccia affonda le sue radici nella storia più antica, tanto che la porchetta viene fatta addiritturari salire all’antico culto di Cerere, come testimonierebbero delle statue votive rinvenute nella Vallericcia e ora custodite a Roma. La zona di Ariccia era infatti abitata fin da tempi precedenti alla fondazione di Roma, tanto remoti che la sua origine è avvolta nel mito.

Fra leggenda e storia

Secondo la leggenda, infatti, Ariccia è stata fondata dal figlio di Teseo, Ippolito. In fuga da Atene egli trovò riparo nel bosco sacro di Diana, nei pressi del lago di Nemi, e si innamorò della giovane Aricia. Ammaliato dalle grazie ella giovane e dalla bellezza dei luoghi, decise di rimanere e fondò la città alla quale diede il nome della sua donna.
Anche nel mito si narra la bellezza di Ariccia, in un tempo in cui la sua unica dote era la natura rigogliosa che circondava le ville di campagna e i santuari. Molte epoche dopo, la bellezza di Ariccia si trova arricchita di un immenso patrimonio artistico e culturale ed il merito è anche della lunga permanenza di Gian Lorenzo Bernini in città nel corso del XVII secolo. Egli, rivoluzionandone l’assetto urbanistico, l’ha arricchita di preziosissimi capolavori architettonici in stile barocco, primo su tutti il Palazzo Chigi e il suo Museo dove oggi sono esposte le principali collezioni del barocco romano.
È stato infatti proprio grazie al mecenatismo della famiglia Chigi, di cui Bernini era ospite e progettista, che Ariccia nel XVII secolo visse un periodo di immensa floridezza. L’intera città fu restaurata e dotata di moderne soluzioni urbanistiche, furono accolti artisti per decorare non solo gli sfarzosi saloni del Palazzo – dove sono state girate scene del “Gattopardo” di Visconti – ma anche decine di ettari di bosco, trasformate nell’incantevole Parco Chigi.

parco chigi - freschura boschi

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ultimo aggiornamento: 12-05-2017


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