Ogni anno in Italia si sprecano 1,8 miliardi di Kg di cibo, mentre milioni di persone cercano aiuto per sfamarsi.
Le cifre divulgate recentemente dalla Coldiretti in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, promossa dalla Fao, sollevano una questione cruciale riguardo l’etica del consumo e della gestione delle risorse alimentari nel nostro Paese. Ogni anno, quasi 1,8 miliardi di chili di cibo finiscono nella spazzatura delle case italiane, a causa della loro scadenza o del deterioramento.
Questo grande volume di spreco, unito agli sprechi derivanti dalla ristorazione e dalle perdite nel sistema di distribuzione, evidenzia che circa un terzo dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione viene sprecato nel percorso dal campo alla tavola. Mentre si assiste a tale spreco, più di tre milioni di italiani sono costretti a cercare aiuto per nutrirsi, rivolgendosi ad associazioni come la Caritas o a parenti e amici.
Riflessioni storiche e morali
La situazione attuale dell’abbondanza sfrenata contrasta fortemente con il passato recente dell’Italia, in particolare con l’epoca in cui il Paese ha attraversato le dure prove della guerra e del dopoguerra. Gli anni di povertà diffusa, che precedettero il miracolo economico degli anni ’50 e ’60, erano caratterizzati da un’esistenza in cui la scarsità di cibo era la norma, soprattutto nelle regioni meridionali. La memoria di quei tempi, quando la carne era un lusso settimanale e la malnutrizione una reale preoccupazione, rende la facilità con cui oggi si spreca il cibo ancora più amara e difficilmente comprensibile.
La contraddizione del modello di crescita
Nonostante la netta contrapposizione tra l’eccesso di consumo attuale e la scarsità di un tempo, le critiche verso il modello di sviluppo capitalistico che ha permesso di superare tale scarsità necessitano di un’analisi non banale. Infatti, se da una parte l’attuale sistema ha in effetti generato contraddizioni palpabili, come l’obesità e lo spreco alimentare, dall’altra ha anche ridotto significativamente i livelli di povertà. Qualsiasi tentativo di soluzione basato su ideologie estreme di decrescita o di un ideale di socità comunista trascura le lezioni apprese dalla storia dei fallimenti dei socialismi reali.
La responsabilità individuale nel consumo etico
Fronteggiare lo spreco alimentare e le sue ripercussioni non richiede una rivoluzione del sistema economico o sociale, bensì un cambiamento della consapevolezza e del comportamento individuale. Associazioni come la Coldiretti hanno un ruolo chiave nel promuovere questa consapevolezza, sostenendo progetti come i mercati di Campagna Amica che favoriscono l’acquisto di prodotti agricoli locali. Riducendo la distanza e la complessità nella filiera alimentare, si può ottenere una diminuzione significativa dello spreco, oltre a garantire cibo più fresco sulle tavole dei consumatori e minimizzare l’impatto ambientale dei trasporti.
In questo contesto, l’Italia, grazie alla varietà e alla qualità dei suoi prodotti agricoli, ha la potenzialità di essere leader in un movimento che cerca di ridurre lo spreco alimentare. Tuttavia, è cruciale che tali sforzi avvengano senza cadere in trappole ideologiche, bensì con un approccio pragmatico volto al benessere generale, preservando al contempo i valori del nostro sistema di produzione. Agire in modo etico e responsabile nei confronti del cibo non significa rifiutare il progresso ottenuto, ma significa riadattare il nostro comportamento per affrontare le sfide odierne senza dimenticare le lezioni del passato.
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