Se state preparando un pranzo o una cena coi fiocchi, attenzione a non concentrarvi troppo sull’antipasto.
Un antipasto non particolarmente appetitoso, o comunque non eccelso, sarà un ottimo punto di partenza per il resto del pranzo o della cena: anche se può sembrare un controsenso, le cose stanno proprio così. Se si impiegano troppe energie e sforzi creativi per preparare un antipasto da urlo, molto probabilmente il piatto forte sarà destinato ad avere un giudizio più critico, e quindi più negativo.
Si tratta di una scoperta “scientifica” che di sicuro stuzzicherà non solo chi ama cucinare, ma anche i ristoratori veri e propri. Il merito della rivelazione va a Jacob Lahne, assistente professore della Culinary Arts and Food Science della Drexel University, a Philadelphia (USA).
L’esperimento curioso che ha portato questo scienziato della culinaria a dimostrare la sua interessante teoria si è basato su un assaggio di gruppo, a carico di persone che non avevano idea di cosa si stesse testando. A questi volontari è stata offerta una bruschetta di ottima qualità, con olio di prima scelta, aceto balsamico e zest di limone, e subito dopo un piatto di pasta aglio e olio.
Ad un altro gruppo, è stata offerta una bruschetta mediocre, con olio di seconda scelta e del basilico semi-secco in superficie. Subito dopo, lo stesso piatto di pasta riservato al primo gruppo.
Ebbene: pur essendo identico il piatto di pasta per entrambi i gruppi, coloro che avevano mangiato la bruschetta buona avevano espresso giudizi molto più sfavorevoli sulla pasta; al contrario, gli altri lo avevano apprezzato di più.
Come ha puntualizzato Lahne, spesso è il contesto che influenza il gusto. Di conseguenza, se un buon antipasto ci crea delle aspettative troppo alte, qualsiasi cosa offriremo dopo sarà probabilmente una delusione. Al contrario, un antipasto non particolarmente buono potrà preparare un’accoglienza molto migliore per il piatto forte.
La morale della favola? Riservate le cartucce migliori per le portate principali!