Un allarme a cui prestare attenzione: il consumo di sale aumenta anche in relazione alle diseguaglianze sociali.

Uno studio condotto su 3.857 uomini e donne, tra i 39 e 79 anni, e pubblicato sul prestigioso British Medical Journal, ha evidenziato come in Italia il consumo di sale vari molto a seconda del grado di istruzione e del reddito economico delle persone. In particolare è al Sud, dove gli stipendi sono inferiori rispetto al Nord, che c’è un consumo di sale molto più elevato: 11 grammi al giorno contro i 10 massimi che si raggiungono in media nel resto della penisola.

A parte la collocazione geografica, sembra che il consumo di sale aumenti in relazione al grado di istruzione. Questo perché le persone che hanno avuto un percorso di studi maggiore, sono a conoscenza dei rischi che un consumo eccessivo di sale esercitano sulla salute del corpo.

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In particolare si fa un gran parlare del ruolo chiave che il consumo di sale ha sull’aumento della pressione del sangue, provocando quindi l’ipertensione e tutte le patologie ad essa correlate.

Inoltre, stando a quanto emerso durante un congresso Actrims-Ectrims tenutosi a Boston un anno fa, si è visto come un consumo eccessivo di sale possa favorire l’insorgenza (o peggiorarne gli effetti) di malattie gravi come la sclerosi multipla, che colpisce il sistema nervoso centrale e che solo al 30% è causata da fattori non esterni (quindi dipende dal DNA).

Assume fondamentale importanza, quindi, il ruolo che ha la comunicazione sugli effetti di un eccessivo consumo di sale, e sulla possibilità di sostituirlo con delle spezie, perlomeno in parte.

Spezie

Un maggiore consumo di sale dipende anche dal reddito: dalla ricerca emerge che lavori più a basso reddito e lavori con un grande dispendio di energie fisiche (operai ecc.) portano a favorire pranzi più saporiti rispetto a chi svolge lavori più “mentali” e quindi d’ufficio.

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ultimo aggiornamento: 28-09-2015


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